BOARDWALK EMPIRE (2010)
Ideatore: Terrence Winter
Attori: Steve Buscemi, Michael Pitt, Stephen Graham,
Kelly Macdonald, Michael Kenneth Williams
Paese: USA
Giusto qualche nome sparso: Martin Scorsese, Mark Wahlberg, Steve Buscemi, Stephen Graham. Per una serie ideata da Terrence Winter, quello de “I Soprano”. Si potrebbe a questo punto anche evitare di continuare a scrivere, pubblicare questo paio di righe e non preoccuparsi di aver detto troppo poco. Gente che insieme rende il miracolo più una facile certezza che una lontana speranza. Poi si dà un'occhiata alla trama, si legge che è basata su un personaggio, Enoch “Nucky” Johnson, che tra gli '20 e gli anni '30 gestiva praticamente tutta Atlantic City, centro di un divertimento degno di quel “roaring” che accompagna di diritto la decade del proibizionismo e dell'illegalità; si legge che quest'uomo era invischiato in qualsiasi cosa e che stringeva mani a gangster, senatori, sindaci, contrabbandieri, funzionari e forze dell'ordine, insomma a chiunque; si legge che ad interpretarlo, nel ruolo di Enoch “Nucky” Thompson, sarà proprio Buscemi.
Si comincia quindi fin da subito a trarre qualche conclusione, tipo che se Winter ha partecipato più che attivamente alla serie televisiva gangsteristica migliore in assoluto e se Scorsese in fatto di gangster cinematografico è praticamente intoccabile, allora in tutta probabilità non si potrebbe chiedere di meglio in termini se non altro di presupposti. Anche perché entrambi, pur avendo prodotto in ambiti diversi, hanno elementi in comune assai evidenti nella costruzione e nella gestione di un soggetto. Entrambi, nello specifico, dedicano alle loro storie tutto il tempo necessario perché risultino complete e definitive; perché possano a loro volta dare ai propri personaggi lo spazio necessario per esprimersi in tutte le loro sfaccettature, sì da spiegarsi e rendersi umani, nel bene o nel male. “Boardwalk Empire” del loro modo di sviscerare una sceneggiatura è la sintesi perfetta: cinematografica per certi versi, televisiva per altri, ma estremamente omogenea. E soprattutto, ad ampio respiro.
Non si può prescindere da questa sorta di preambolo, ed in particolare da quest'ultima frase, perché la prima stagione di “BE” sembra a volte non convincere, perché non coinvolgente come ci si aspetterebbe da un binomio di tale calibro. È perfetta, inattaccabile, ma ben lontana dall'essere entusiasmante, nel senso più viscerale del termine. Poi però comincia la seconda stagione.
A posteriori la prima assume tutti i connotati di un'eufemisticamente lunga introduzione, in cui i tasselli vengono descritti e posizionati. In cui vengono fatte le dovute presentazioni, tracciati gli equilibri, delineate le personalità e costruito lo scenario. La seconda quindi non ha più nulla di cui preoccuparsi se non portare avanti la sceneggiatura, ed infatti è quello che fa. Intendiamoci, nessun particolare cambio di ritmo, nessuna parentesi adrenalinica, nessuna frase ad effetto. La velocità resta quella di crociera a cui ci avevano abituati i primi 12 episodi. A cambiare in maniera considerevole è invece il peso di ogni scambio, come di ogni sguardo e di ogni sequenza.
A conferire tale spessore è un dialogo perfetto tra introspezione e tempi quasi contemplativi che conferiscono al racconto una credibilità estrema. La serie è solida come una roccia ed ha un peso specifico enorme, non le si potrebbe muovere critica alcuna senza che questa cada nel vuoto ancor prima di prendere forma. È infatti misurata e studiata nel dettaglio e non cede mai alla necessità di tenere incollati allo schermo attraverso un crescendo narrativo piuttosto che attraverso la spettacolarità pura e semplice. Tiene incollati allo schermo, sì, ma lo fa con i suoi tempi, come si diceva, e a suo modo. Puntata dopo puntata si scivola in un contesto ricostruito alla perfezione che riesce a vivere di vita propria; non è semplicemente una questione di ambienti, scenografie e costumi, si riesce ad avvertire parte dello spirito di quegli anni, al punto di ritrovarsi al loro interno ed aver bisogno di qualche secondo per distaccarsene alla fine di ogni puntata. Non a caso si parlava di credibilità: è forse la discriminante principale. “BE” Non cerca mai di strafare, non si ha mai la sensazione che stia andando troppo oltre, che stia cercando lo spettacolo fine a se stesso.
Dal punto di vista tecnico il discorso resta identico. La fotografia, così ricercata, non è un mero esercizio di stile, non ci si avvicina neanche a pensarlo. Se in alcuni casi l'uso delle luci è particolarmente suggestivo è perché funzionale al tratto narrativo, infatti se tutte le sequenze che portano in primissimo piano la parte più intima dei personaggi risultano così potenti è proprio grazie a soluzioni estetiche imprescindibili. Per il resto la fotografia non presenta virtuosismi di sorta, è reale pur nel suo essere cinematografica e quindi in linea con lo spirito della serie. Come del resto i personaggi. Allo stesso modo, nonostante siano chiaramente romanzati, sono sempre verosimili – caratteri e vicende, infatti, sono assai fedeli alla realtà - tanto da contribuire in maniera fondamentale alla costruzione di una personalità, quella appunto di “BE”, verso la quale non è affatto difficile provare empatia. Nucky è enorme ed è enorme Buscemi nell'interpretarlo: una personalità complicata e stratificata, in cui si mischiano ironia e freddezza con disarmante facilità; svetta tra svariati personaggi che sono a loro volta tratteggiati in maniera impeccabile. Di ognuno di essi vengono col tempo svelati quei trascorsi che li hanno resi tali, fantasmi che spiegano come nient'altro riuscirebbe a fare gli atteggiamenti che sfilano sullo schermo. In questo senso, Jimmy Darmody dà tantissimo alla seconda stagione, affiancato da un Richard, con cui condivide molti dei fantasmi di cui si parlava, che si rivela dal canto suo, almeno per chi scrive, un personaggio stupendo, pur non partecipando agli snodi principali dell'intreccio. Ci sarebbe, invero, da fare un discorso a parte sull'unica eccezione a quanto detto fino ad ora, ossia Van Alden, ma ci si limiterà a scrivere che nel suo essere fuori di testa e leggermente singolare riesce comunque a non stridere con il resto, anzi.
Non resta quindi che inquadrare storia e personaggi simili e la telecamera lo fa in maniera superba. La regia è ovviamente calibrata al millimetro e definirla elegante sarebbe riduttivo. Aspetti, questi, che non si traducono però in assenza di scelte notevolmente capaci di distinguersi. Si tenga bene a mente che a tracciare le linee guida dello stile registico è stato lo stesso Scorsese girando il pilot.
Ma non è la regia l'unico aspetto in cui si riconoscono i tratti scorsesiani. Il cineasta italo-americano è produttore esecutivo della serie, e stando alle dichiarazioni di Terrence Winter, si occupa tra le altre cose anche della direzione degli attori. Le interpretazioni non a caso sono senza mezzi termini superbe. Di Buscemi si è già scritto, anche se non ce n'era in realtà alcun bisogno. Sugli altri non c'è molto da dire, si finirebbe con l'elencare una serie di aggettivi simili ad ottimo, eccellente, sorprendente e simili.
Il finale della seconda stagione è perfetto. Permette a “BE” di salire ulteriormente. Per molti non sarà la serie del secolo, perché non è il classico prodotto televisivo capace come altri di creare astinenza. Al termine non ci si strapperà di certo i capelli, ma solo perché si resterà a fissare lo schermo per il tempo necessario a metabolizzare e a realizzare che quanto appena visto non ha un difetto che sia uno.
Tu pensa che io non ho ancora visto la seconda stagione, per motivi che esulano dalla qualità del prodotto che è eccelsa. Ma devo sbloccarmi e vederla, forzandomi, se è necessario, perché forse BE è davvero la serie del secolo ;)
RispondiEliminaChe probabilmente sono identici a quelli per cui neanche io avevo intenzione per ora di guardarla. Fortunatamente Daniele ha insistito, quindi io ora insisto con te. Guardala ;)
EliminaCapolavoro.
RispondiEliminaPunto.
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