THE ENEMY (2011)
(NEPRIJATELJ)
Regista: Dejan Zečević
Attori: Aleksandar Stojkovic, Vuk Kostic, Tihomir Stanic
Paese: Serbia, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Ungheria.
“In quanto accanito spettatore, noto facilmente la differenza tra cinema d'autore e film di genere. Riesco a capire dopo i primi 5 secondi a quale delle due categorie un film appartiene. Devo ammettere che trovo la cosa molto fastidiosa. “The Enemy”, invece, si trova da qualche parte nel mezzo”
Tra le varie dichiarazioni del regista quella riportata si rivela alquanto utile nell'affrontare il post visione della pellicola. Al termine della stessa, infatti, ci si ritrova leggermente disorientati, a metà tra il pensiero di aver visto qualcosa di un certo spessore e quello di aver assistito ad un'occasione sprecata. Il disorientamento, però, non dura molto e si risolve di lì a poco nella seconda ipotesi, grazie ad una riflessione del tutto simile a quella del regista. Si avverte chiaramente la duplice intenzione di "The Enemy" di offrire un cinema di genere non rinunciando, nel contempo, ad una certa ricercatezza, foss'anche quest'ultima solo contenutistica. Si avverte tuttavia altrettanto chiaramente che non volendosi sbilanciare in un senso piuttosto che nell'altro Zečević resta di fatto lì nel mezzo, immobile. L'intenzione dell'autore di non cedere ad alcun tipo di spettacolarizzazione è palese, tant'è che non riesce a rendere mai troppo avvincente la sua pellicola, capace non a caso di coinvolgere solo a tratti, peraltro più per curiosità che per meriti particolari. Punta al contrario, proprio al fine di delineare quello spessore a cui non voleva rinunciare, sull'introspezione e sui dialoghi. Peccato però che la qualità reale degli stessi sia distante sensibilmente da quella ideale: la caratterizzazione dei personaggi non è mai tale da renderli interessanti, né tanto meno degni dell'empatia di chi guarda. Sono semplicemente pedine di un intreccio e le si segue solo per la curiosità di cui si scriveva verso il prosieguo della storia. Neanche quello che avrebbe dovuto essere il personaggio più carismatico per l'impostazione data al racconto si rivela in realtà così magnetico, al netto dell'ovvio interesse iniziale. I dialoghi che lo vedono protagonista sono deboli al punto da falcidiare la potenza della sua figura.
Che sia un'occasione sprecata è oltremodo chiaro se si considera che nonostante quanto scritto non si fa troppa fatica a seguire il film fino al termine. La messa in scena, infatti, mostra di saper essere quando vuole suggestiva, grazie ad ambientazioni, fotografia e fascino insito nel soggetto. Quest'ultimo, nello specifico, nel raccontare un manipolo di soldati impegnati a pulire il territorio dalle loro stesse mine, essendo finita da soli due giorni la guerra civile in Bosnia-Erzegovina, difficilmente può non risultare attraente quando tra le rovine di una fabbrica viene scoperto e liberato un uomo murato vivo, che non sembra però aver accusato particolarmente il colpo. Se a far da cornice sono poi edifici semidistrutti tra un campo minato e l'altro e una fotografia spenta, che valorizza ottimamente col suo essere gelida lo scenario decaduto (risultato di tre anni di guerra), è difficile non subire seppur solo leggermente il fascino dell'opera.
Quando però la pellicola giunge al termine, e svaniscono quindi scenari e atmosfere, si realizza di non aver assistito ad una costruzione così solida, e che oltre alla mancanza di una caratterizzazione efficace, anche l'evoluzione delle dinamiche tra i singoli personaggi risulta poi tutt'altro che impeccabile. E anzi fin troppo semplicistica, se ci si avvicina alla linea interpretativa più sovrannaturale (che doveva poi, stando alle dichiarazioni del regista, essere l'unica, almeno nelle fasi iniziali del progetto).
Probabilmente rappresenta un limite durante la visione dell'ultimo lungometraggio del regista serbo anche la lontananza culturale dai territori e dalle persone raccontate. Lo stesso Zecevic appena 3 anni fa aveva diretto un documentario proprio su alcuni gruppi di persone che vivono nella paura dichiarata della magia nera. Magari se contestualizzato e filtrato risulterebbe più suggestivo e quindi maggiormente capace di smuovere, perché nel caso contrario, per l'appunto quello di chi scrive, il tutto si risolve in una visione se non da evitare comunque non in grado di far arrivare molto dall'altra parte dello schermo.
Non lo conoscevo e... be', sembra che non meriti un recupero. La trama però non sembra male...
RispondiEliminaInfatti non lo è, anzi. Per questo parlo di occasione sprecata, perché sarebbe potuto essere davvero un gran film.
Eliminanon è che uno si alzi la mattina e si metta a fare film d'autore così,ci vuole na capa tanta no?E peggio ancora fare un film che sia ibrido tra autorialità e genere.Chiedete a Kusturica,che è un grande
RispondiEliminaEh già, anche se ci è mancato davvero poco perché Zecevic ci riuscisse. Sono infatti abbastanza fiducioso nella sua prossima prova registica.
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