giovedì 8 marzo 2012

Source Code


SOURCE CODE (2011)





 Regista: Duncan Jones

Attori: Jake Gyllenhaal, Michelle Monaghan, Vera Farmiga

Paese: USA


Per motivi assolutamente non validi sui quali non ci si soffermerà in questa sede, ancora non ho visto l'esordio apprezzato un po' ovunque di Duncan Jones, “Moon”. Ieri però ho visto la sua seconda prova dietro la macchina da presa. Con “Source Code” il regista sembra non abbandonare i lidi esplorati in precedenza e si serve nuovamente della fantascienza per mettere in scena un thriller che sembra non disdegnare affatto l'aspetto più umano del racconto. Cerca di penetrare in concomitanza con l'evolversi dell'intreccio la parte più intima dei protagonisti, nonostante il ritmo necessariamente serrato di una sceneggiatura la cui impostazione non concede pause di sorta. 


8 minuti. Sono quelli concessi sistematicamente al protagonista, il capitano Colter Stevens (Jack Gyllenhaal), per salvare i passeggeri di un treno dall'esplosione di una bomba nascosta al suo interno. Sul treno, però, c'è anche lui. Non è un'esercitazione virtuale, è un trasferimento temporaneo di coscienza attraverso cui Stevens può rivivere gli ultimi 8 minuti di vita di uno dei passeggeri, avendo la possibilità di interagire con persone e ambiente come se tutto fosse reale. Ogni volta che muore in quegli 8 minuti torna alla realtà, per poi essere trasferito nuovamente sul treno.

Diviene chiaro, dopo aver letto il soggetto, perché si scriveva dell'assenza strutturale di pause. Assenza che Jones, almeno nelle battute iniziali, sembra rimarcare ulteriormente al punto di rendere ancor più incalzante la narrazione. A tale scopo blocca lo spettatore nella stessa identica situazione in cui è bloccato il protagonista, cercando con forza di far arrivare dall'altra parte quella sensazione di claustrofobia e fisica e mentale in cui si ritrova Stevens. In tutta probabilità, però, è proprio una simile impostazione che non permette al regista americano di approfondire con risultati più efficaci l'aspetto empatico del racconto. Se durante le primissime battute infatti, impegnati a cercare di capire cosa si nasconda dietro quanto accade, si è interessati per forza di cose al susseguirsi adrenalinico degli eventi, dopo una parentesi neanche troppo ampia la visione della pellicola comincia inesorabilmente a farsi ripetitiva e meno scorrevole. Il meccanismo comincia a stancare e il coinvolgimento (quello più emotivo, non quello iniziale dettato più che altro dalla curiosità) continua a non rispondere all'appello.


Di ragioni obiettive, di limiti evidenti o di debolezze palesi nella sceneggiatura qui, tuttavia, non ce ne sono. Assume quanto mai come in questo caso importanza la dimensione soggettiva, il gusto personale, perché pur volendo trovare come al solito quegli aspetti meno riusciti – seppur in parte filtrati comunque da una certa soggettività - che giustifichino il non aver apprezzato la pellicola, in "Source Code" non si riesce ad individuarne alcuno. Lo script è solido, i dialoghi assai funzionali per il contesto filmico ricreato (non così accattivanti, ma neanche avrebbero dovuto esserlo, in questo caso. Le battute evitabili sono al termine due di numero), il ritmo resta elevato per l'intera durata e le interpretazioni sono sufficientemente convincenti (ottima quella della Farmiga). Più in generale la gestione tecnica da parte di Duncan Jones appare ineccepibile. Come un classico esercizio di stile privo di pathos, potrebbe dire qualcuno, ma non sarebbe in realtà intellettualmente onesto, perché il regista, come si scriveva in precedenza, cerca più volte di trasformare in empatia alcuni dei tasselli principali della sceneggiatura di Ripley.

L'unico dubbio che si ha durante la visione, l'unico che mette in discussione la solidità dell'intreccio, con conseguente freno emotivo, è l'eccessiva capacità di interagire con le persone, con gli ambienti e addirittura con quanto si trova all'esterno del treno. Sarebbe impossibile una cosa simile sulla base delle premesse iniziali che spiegano il Source Code. Ma neanche questo elemento si risolverà in una debolezza individuabile alla quale imputare la poca forza della pellicola, grazie ad una soluzione, quella finale, che rimette tutto in riga. Una trovata al tempo stesso evitabile, perché inutilmente buonista, banale e particolarmente indicata per l'esaustiva espressione “che palle”, e fondamentale, perché altrimenti l'intera pellicola sarebbe stata un enorme buco di sceneggiatura. 


Personalmente non consiglierei a nessuno il secondo lungometraggio del regista di “Moon”, ma l'unica motivazione che potrei addurre questa volta sarebbe un semplicissimo “perché a me non è piaciuto”.


20 commenti:

  1. Anche a me non piacque per nulla.
    Peccato, perchè Moon, al contrario, è decisamente una ficata.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Eh, infatti ho intenzione di recuperare a breve.

      Elimina
  2. a me è piaciuto un sacco.
    una delle migliori pellicole di fantascienza degli ultimi tempi, e il finale è solo emozionante, non certo buonista...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non stento a crederci. Come ho scritto, il film è costruito e gestito con criterio.

      Quanto al finale, non mi riferisco al fermo-immagine sul treno. Quello sì sarebbe stato emozionante e non buonista. Mi riferisco al dopo, che a me, seppur inevitabile nella sua utilità, più che emozionare ha infastidito.

      Elimina
  3. Hai ragione, in un certo senso è difficile trovare dei difetti, ma io ero stato ancora più cattivo e ad infastidirmi non è stato solo il finale ma proprio tutto il film.
    E per Moon vai tranquillo, con questo non c'entra proprio nulla.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Addirittura? Se hai scritto qualcosa vado a leggere, allora. Quanto a Moon, ti faccio sapere quando lo vedo.

      Elimina
  4. Moon mi ha fatto brillare gli occhi, e al sentire che il buon regista si era messo a lavoro su un certo Souce Code (codice sorgente? ho pensato ad un film sull'informatica) mi sono fiondato al cinema.
    Non mi è piaciuto, ma forse mi aspettavo troppo dopo quel bellissimo Moon. Inoltre è un po' troppo simile a The Jacket. E questo mi ha fatto soffrire ancora di più.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Benvenuto da queste parti, innanzitutto ;)

      Siamo già in quattro solo su questa pagina. Ero convinto fossi l'unico a cui non era piaciuto questo film, dato che avevo sempre e comunque letto cose positive. In compenso anche tu mi confermi che Moon va visto, quindi vedo di darmi una mossa.

      Elimina
    2. Grazie, ti seguivo da un po', ma non avevo ancora trovato un'occasione per lasciare una traccia.
      Non sono all'altezza dei prestigiosissimi Cannibal e MrFord, ma io in Moon ci ho rivisto un po' di 2001 odissea nello spazio, per i tempi dilatati, per la solitudine, per le scene "spaziali", per l'intelligenza artificiale. Per questo mi brillavano gli occhi, per questo confermo il consiglio: TROVALO! :)

      Elimina
    3. Bene, allora a presto, dato che ormai il ghiaccio l'hai rotto. E nel mentre vedrò di seguire quel tanto convincente "trovalo" in maiuscolo ;)

      Elimina
  5. Un film non certo indimenticabile, ma comunque funzionale ad un paio di ore di più che dignitosa evasione. Anche io, come chi mi ha preceduto, valuto Moon superiore.

    RispondiElimina
  6. A me è piaciuto. Certo, siamo distanti anni luce da Moon, che è veramente strepitoso, ma ho trovato Source Code una pellicola molto valida, serrata e avvincente, capace di sfruttare un'idea in fondo pericolosa (il meccanismo ripetitivo in fondo c'è) in una visione parecchio coinvolgente. Poi, sì, concordo sul finale, ma facciamo finta che il film sia finita due minuti prima. :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si, il nostro finale è il fermo-immagine, quindi. Mi piace ;) Quanto al resto, come dicevo poco sopra, non è per niente difficile credere al fatto che possa risultare avvincente, le carte in regola per esserlo le ha tutte.

      Elimina
  7. Io ho adorato questo film. Praticamente lo avrò visto almeno dieci volte da quando uscito. Tra lui e Moon, sono diventata esegeta di Duncan Jones e ho il suo santino in camera che venero ogni mattina prima di cominciare a dare la caccia a Rhona Mitra.
    Però, ecco, non riesco a contraddirti, nel senso che hai ragione tu, in questo caso, la percezione del film è soggettiva. Non c'è niente che non vada, eppure a te non ha detto nulla.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Eh, avevo letto sul sito che avevi apprezzato. Non pensavo tanto da rivederlo più volte, ma a quanto pare mi sbagliavo ;) Avrei tanto voluto apprezzare allo stesso modo, dato che peraltro soggetti simili, a sfondo fantascientifico, se fatti bene è quasi impossibile non mi prendano, e invece questa volta è successo, e non ho ancora ben capito perché.

      Elimina
  8. Ciao a tutti, ho visto source code ieri sera e devo dire mi è piaciuto molto, tuttavia sono andata a dormire (e mi sono svegliata) con un grosso dubbio...
    Non pongo l'accento sul contenuto emotivo ("buonista") del finale, piuttosto sulla sua sostenibilità logica (se pur di fantascienza si tratta)!!!
    mi manca dal punto di vista logico/possibilistico qualche tassello!!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Benvenuta!

      Dimmi, cosa non ti è chiaro di preciso? Perché io semplicemente l'ho interpretato, il finale, come un universo alternativo creato dal meccanismo scatenato dalla macchina. Cioè, ogni volta che manda il protagonista su quel treno crea un universo alternativo, con il quale quindi si può interagire anche oltre quegli 8 minuti. Certo è tiratissimo, ma vabbè, la pellicola parte già da un presupposto di per sé parecchio tirato ;)

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...