HOW I MET YOUR MOTHER (2005)
Ideatore: Carter Bays, Craig Thomas
Attori: Josh Radnor, Jason Segel, Cobie Smulders,
Neil Patrick Harris, Alyson Hannigan
Paese: USA
“How I Met Your Mother”, è bene specificarlo fin da subito, è ciò che ha portato la situation-comedy su altri livelli. Inizia nel 2005 e si impone immediatamente, prima con un aspetto comico francamente irresistibile e poi con una capacità di creare empatia neanche sfiorata da altre sit-com. Ha proposto qualcosa di così riuscito da far sentire autorizzati a pretendere da un prodotto televisivo di questo tipo risultati ben maggiori. Tante le sit-com sviluppatesi in maniera parallela, o quasi, ad essa ma nessuna, è parere di chi scrive, è mai riuscita neanche solo a minare il primato di HIMYM. E le stagioni sono 7, non due. E ogni stagione ha in media 22 puntante. Sono più di 150 episodi e al di là di qualche comprensibile calo – ma bisognerebbe ridimensionare il termine in questo caso, e di molto – il livello resta alto. Continua anzi, di tanto in tanto, a sfornare puntate memorabili, roba che non ci si aspetta di certo dopo intere stagioni in cui gli sceneggiatori hanno sviscerato storia, comicità e personaggi.
La storia. È classica, ovviamente, niente di particolare. Un padre, Ted Mosby (Josh Radnor), che racconta ai propri figli la storia di come ha conosciuto la loro madre, ripercorrendo il tempo passato con i suoi amici di sempre. Ogni puntata è impostata come un flashback e racconta avvenimenti del tutto distanti, è chiaro, dall'incontro tra Ted e la donna della sua vita; riguardano invece un gruppo di amici che si ritrovano in situazioni di vita per l'appunto classiche.
È proprio il modo di raccontare quelle situazioni a rendere così valida la serie. Vengono intrecciate in maniera sistematica, fino a sfumare perfettamente l'una nell'altra, comicità e spessore introspettivo. Non si può fare a meno di avvicinarsi ai personaggi e provare un coinvolgimento emotivo quasi impossibile per una sit-com. Dopo averla seguita per sette stagioni si ha, guardando indietro, la sensazione di conoscere i personaggi come si conosce un vecchio amico. Ogni puntata, infatti, non solo è un flashback, ma trasmette la sensazione di un flashback. Quella di un ricordo rivangato davanti ad una birra, magari nel solito bar, come quello in cui si ritrovano i protagonisti. E nel momento in cui i ricordi si accumulano la sensazione di conoscere a fondo loro e la loro vita è inevitabile, così come l'empatia di cui sopra come diretta conseguenza.
Racconti stracolmi di aneddoti, sempre nuovi ma mai distanti da quelli passati. Gli sceneggiatori mostrano una maestria impeccabile nel richiamare parentesi di puntate precedenti per poi mischiarle con situazioni nuove - lo “Slapsgiving”, per esempio, è meraviglioso. Il risultato in termini di continuità è enorme e ogni volta non ci si ritrova davanti semplicemente un altro episodio, ma un altro capitolo della vita dei protagonisti. Ed è proprio della vita, si diceva, che si parla, quella di tutti i giorni, fatta di speranze, delusioni, amicizia, cambi di rotta, porte chiuse definitivamente e porte riaperte, amori, tradimenti, errori e rimpianti. Vengono affrontati in maniera per niente superficiale ma sempre leggera. È il dualismo di cui si scriveva, che non viene mai meno. Come non viene mai meno quel continuum emotivo che permette, sul lungo periodo, di riconoscere e comprendere reazioni e atteggiamenti.
E poi però c'è l'aspetto comico. HIMYM diverte come poche sit-com riescono a fare. Sfrutta, in questo senso, tutto ciò che può sfruttare. Dagli aneddoti gonfiati ai dialoghi, dalle linee ricorrenti alle sfaccettature dei singoli personaggi. Quest'ultimi rappresentano ovviamente, come in ogni sit-com, il nucleo dell'intero prodotto. Studiati e delineati alla perfezione, fra loro differenti e riconoscibili, generano parentesi e scambi meravigliosi. Nessuno viene scavalcato da nessuno, ogni personaggio ha il suo spazio, essendo ben calibrata la loro presenza sullo schermo e nella storia. Ad essere ben gestiti, inoltre, sono le interazioni tra comicità completamente differenti: quella di Robin (Cobie Smulders), indipendente ma non troppo, terrorizzata dagli impegni sentimentali, canadese e amante delle armi; quella di Marshall (Jason Segel) e Lily (Alyson Hannigan), insieme praticamente da sempre, completamente in sintonia, più tradizionali ma bambinoni, e da sempre amici di Ted; quella di Ted, appunto, sognatore e tradizionalista al punto da far apparire Lily e Marshall del tutto fuori dal comune, in cerca della classica favola con annessa anima gemella. E Barney Stinson (Neil Patrick Harris), esageratamente divertente. Ad oggi, insieme a Sheldon Cooper (“The Big Bang Theory”), il personaggio più riuscito di sempre, in ambito sit-com e comicità. Un latin lover sopra le righe, egocentrico e narcisista, calcolatore e quanto meno fantasioso nell'architettare piani per raggiungere i suoi obiettivi (nel 90% dei casi consistenti nel portarsi a letto una donna). Basti pensare che una puntata intera, peraltro una delle migliori, è dedicata alle più astruse tecniche di conquista da lui inventate: “The Playbook”.
Non è solo il suo personaggio, tuttavia, ad essere esagerato. Anche gli altri, così come gli aneddoti raccontati, lo sono colorando ogni puntata di una comicità che rasenta il surreale. Come in “The Fronch Port”, per esempio, episodio in cui le varie comicità si intrecciano magnificamente e la cui ascesa al climax rende un'impresa smettere di ridere.
Fondamentali, in questo senso, anche le interpretazioni. Le prove degli attori, tutti, sono inattaccabili – l'unico che sembra convincere meno è forse proprio Josh Radnor ma con l'andare delle stagioni questa sensazione svanisce – così come la direzione degli stessi. Sono così affiatati, ormai, che i bloopers riescono a divertire quanto le puntate. “True story”, per dirla con Barney.
Una sit-com riuscita sotto tutti gli aspetti, insomma, che, riuscendo a proporre un livello simile dopo 7 stagioni, sembra inarrestabile. Ed è un bene che sia così, dato che non c'è voglia alcuna di farne a meno. È parere di scrive, penso si sia capito, che sia la migliore in circolazione e non darle una possibilità sarebbe una cosa notevolmente stupida.
(Da vedere necessariamente in lingua)
Ho imparato ad amarla in Australia, dove ho seguito tutta la prima serie. Confermo, da vedere in lingua, perché in Italia mi da fastidio anche solo l'orrendo titolo.
RispondiEliminaPrima o poi recupererò tutte le serie che mi mancano ç__ç
@Babol
RispondiEliminaSi, vedere questa sit-com doppiata è un crimine contro se stessi. E sappi che ti invidio tantissimo, vorrei avere anche io tutte quelle stagioni da vedere.
allora la rivedrò con i sottotitoli perchè a me non piace.Preferisco modern family,ad esempio.Questa non mi ha mai preso più di tanto,piace invece a mio padre!^_^
RispondiElimina@babordo76
RispondiEliminaGuarda, come penso si capisca, non posso che consigliartela. Guardatela in lingua, puntate alla mano. È impossibile che non ti piaccia.
si,il mio spacciatore di serie tv mi ha detto che mi darà la serie in lingua originale sottotitolata
RispondiEliminaok la rivedo!
Hai visto il film di Radnor? Happythankyoumoreplease?
RispondiEliminaL'ho trovato una meraviglia, una commedia alla Woody Allen senza copiare però Allen fino alla fine, bei dialoghi, ottime situazioni, interessantissimo.
E comunque è vero: gli sceneggiatori di Mother sono decisamente geniali, sono perfetti. Hanno un senso della continuità che non ho mai trovato in un'altra serie.
No, non l'ho visto, ma se ne scrivi in questi termini, peraltro dopo avermi detto qual'è il tuo film preferito, me lo procuro all'istante. Grazie del consiglio.
RispondiEliminaE comunque sì, Alice, sono geniali. Non ci sono cazzi.
Fammi sapere!
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