Ideatore: Mitchell Hurwitz
Attori: Jason Batheman, Portia de Rossi, Will Arnett, Tony Hale,
Jessica Walter, Jeffrey Tambor
Paese: USA
Guardarsi intorno e scovare sit-com interessanti negli ultimi anni è impresa assai ardua. Non perché non ve ne siano, ma perché ogni nuova proposta si scontra, e spesso il risultato è per quest'ultima disastroso, con un confronto ormai inevitabile. È tendenzialmente impossibile, infatti, resistere al paragone con situation comedy che nell'ultimo periodo si sono imposte come linee guida all'interno di quel sottoinsieme televisivo del quale fanno parte. Si sta parlando, è chiaro, di “The Big Bang Theory”, “Modern Family” e “How I Met Your Mother”. Quest'ultima, nello specifico, è tale che se il valore di ogni nuovo prodotto fosse pari almeno alla metà del suo, potrebbe dirsi riuscito senza se e senza ma. Avere termini di paragone simili si traduce nel non accontentarsi di proposte televisive che altrimenti, in tutta probabilità, si sarebbero apprezzate in maniera sensibilmente maggiore. È quanto si scriveva nel primo post di questa sezione, per intenderci.
Ciononostante è fuor di dubbio che si sia ben lungi dal decesso della speranza e che, proprio in virtù della finestra sulle potenzialità dello strumento sit-com aperta dai titoli sopra citati, l'attenzione e la ricerca verso nuovi e vecchi prodotti sia più che mai pulsante. È esattamente questo lo spirito che mi ha portato a dare un'occhiata ad “Arrested Development”, in onda per la prima volta nel 2003, andata avanti per tre stagioni e poi sospesa.
Se si dovesse esprimere un giudizio in due parole non si potrebbe in nessun modo non definirla riuscita. Già solo il numero di personaggi che mette in scena e gestisce con notevole equilibrio basterebbe a dare l'idea del lavoro che c'è dietro. Una famiglia allargata che può vantare qualcosa come 12 componenti attorno ai quali ruotano almeno altri tre 3 personaggi, più o meno presenti. La famiglia Bluth, da sempre abituata a navigare nell'oro, perde tutto a causa dei traffici incredibilmente loschi di George Bluth (George Bush?) Senior che affonda l'azienda di famiglia e finisce in carcere. A prendere in mano, controvoglia, le redini della Bluth Company è Michael Bluth, l'unico figlio che sembra avvicinarsi a ciò che può essere definito normale, insieme al figlio George Michael. I restanti componenti, infatti, sono in parte idioti, in parte egoisti e in parte cinici, ma tutti, nessuno escluso, attaccati al denaro dell'azienda come un uomo in coma alle macchine che lo tengono in vita. Abituati al lusso e al non dover far nulla per ottenerlo, non lavorano e non concepiscono l'ipotesi di farlo, cercando quindi in tutti i modi di ottenere soldi raschiando il fondo dell'azienda e portando all'esasperazione Michael.
Con tali premesse a delinearsi in tempi davvero brevi è uno scenario i cui più riconoscibili tratti sono menzogna, cinismo e viscidume. Il livello degli stessi è così elevato da sfiorare prima ed oltrepassare abbondantemente poi il confine che segna lo sconfinamento nel surreale. La comicità della serie è praticamente tutta qui. Una figlia che sposa un uomo visibilmente scemo solo per andare contro sua madre; una madre, per contro, che per liberarsi del figlio, anch'esso scemo, lo fa arruolare a sua insaputa nell'esercito, in piena guerra; un figlio che cerca l'affetto del padre cercando di far decollare la sua carriera da prestigiatore, a 40 anni. Cose di questo tipo insomma. A rafforzare l'aspetto comico è il ritmo serrato al quale si alternano in ogni puntata le interazioni tra i vari personaggi, interazioni che seppur prese singolarmente è difficile non presentino una linea per l'appunto comica. Ad essere serrati, di conseguenza, sono anche i dialoghi. Normalmente nessuna sit-com prescinde da una quantità considerevole degli stessi, come è giusto che sia, ma va detto che “Arrested Development” in questo senso si distingue in maniera particolare.
Questo aspetto, tuttavia, è al tempo stesso sintomo di un difetto che sul lungo periodo non può non agire negativamente sulla fruibilità. Già durante la seconda stagione infatti, ma anche prima, si avverte in maniera non indifferente il peso della ridondanza e dello stallo. Non stallo inteso come evoluzione della storia, perché in ogni singolo episodio di fatto succede un'infinità di roba, ma come evoluzione emotiva. Molte sit-com, la gran parte, anzi, restano ancorate all'idea di divertire per quei 20 minuti abbondanti senza preoccuparsi di altri aspetti che ritengono distanti dalla struttura del prodotto; non si preoccupano di avvicinare personaggi e racconto allo spettatore, magari credendo che sia prerogativa di prodotti con una durata maggiore, come appunto film e serie televisive. Niente di più sbagliato, in realtà. Sulla base di questa struttura, infatti, vien fuori un prodotto senza anima alcuna che nel momento in cui propone una sola puntata (che è già pura utopia) piuttosto che una serie di puntate che non riescono a divertire come le precedenti crolla sotto i colpi inevitabili della noia. È quanto accaduto con “Third Rock From The Sun” (ottima, al netto del ragionamento che si sta facendo. Con un immenso John Lithgow) e sta accadendo con “The Big Bang Theory”, che come accennato inizialmente non è certo l'ultima sit-com della terra, tutt'altro. “How I met Your Mother”, invece, è indiscutibilmente la sit-com migliore in circolazione proprio perché cerca di andare oltre, rendendo piacevoli anche quegli episodi in cui non vi sono linee così divertenti, che strappano al massimo qualche sorriso. “Arrested Development” nello specifico, al contrario, sembra proprio schivare del tutto questo aspetto e una volta assuefattisi al cinismo e al surreale, che smette peraltro di essere percepito come tale, il fascino della famiglia Bluth comincia ad afflosciarsi inesorabilmente.
Fermo restando quanto scritto, tuttavia, il prodotto in questione merita senza ombra di dubbio una visione, perché tra gli altri aspetti, quando ha frecce al suo arco rischia di far assumere la classica posizione che vede la parte superiore del corpo lasciarsi andare su quella inferiore, causa parentesi esilaranti. Inoltre gli attori sono spettacolari, tutti. Quando non è lo scambio a strappare sorrisi, è la l'espressività. Quando ci riescono entrambi, poi, si hanno le parentesi di cui sopra.
Non una sit-com da vedere a tutti i costi, insomma, ma a costi accettabili e magari anche un po' considerevoli si.
Complimenti! Blog interessante.
RispondiEliminaGrazie, Franco.
RispondiEliminapieno disaccordo, l'unico comedy davvero decente, non è una sit com vera propria.
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