venerdì 10 febbraio 2012

"The River": qualcuno schiaffeggi la ABC


THE RIVER (2012)




Ideatore: Oren Peli

Attori: Bruce Greenwood, Joe Anderson, Leslie Hope, 
           Paul Blackthorne

Paese: USA


È bene chiarire, prima di procedere, che ho un serio problema con l'horror basato su soggetti sovrannaturali. Non che non mi piaccia, che non mi coinvolga, è che mi terrorizza. “Paranormal Activity” non l'ho quindi chiaramente visto, nonostante sappia per ovvie ragioni di marketing come sia stato girato, ed Oren Peli (al quale solo per il nome non gli si dovrebbe dare una lira) era per me, prima di “The River”, uno sconosciuto. Uno sconosciuto che ora purtroppo non è più tale. 
È lui il creatore della serie e non è un caso che a distinguere la stessa sia la scelta registica di sfruttare la telecamera a mano, oltre a quelle fittizie installate un po' ovunque, in pieno stile mockumentary. E non è un caso neanche che il soggetto punti quasi del tutto sull'aspetto horror, tanto che l'introduzione all'intreccio è terribilmente sbrigativa. Fin da subito, infatti, si ci dimentica di aspetti in realtà fondamentali quali la costruzione di un tessuto narrativo credibile, con tempi quindi capaci di crearlo in maniera graduale ed empatica, o di personaggi definiti e degni di interesse, e ci si ritrova, al contrario, in men che non dica dalle parti dell'unico tratto riconoscibile, quello horror appunto, attraverso il quale la serie intende convincere, o più probabilmente l'unico che è in grado di portare avanti. Quello della serie televisiva, però, non è affatto un linguaggio semplice. Se un “Paranormal Activity” può anche funzionare con la sua oretta e mezza scarsa, un prodotto seriale assolutamente no. Proprio per la sua lunghezza necessita di una struttura portante solida, introspettiva e interessante sulla quale poggiare poi tutti gli altri elementi. Peli (maledizione, qualcuno si rivolga all'anagrafe al posto suo) invece non vede chiaramente l'ora di far saltare gente dalla poltrona, intimorito magari dal fatto che non saprebbe altrimenti cosa cazzo fare, e piazza subito le sue telecamerine a supporto di quella a spalla, preoccupandosi di far spaventare col c.d. “Horror Bu!”, ossia quello che invece di inquietare tira più semplicemente fuori qualcosa da qualche parte all'improvviso e spera nell'infarto.


Inutile dire che un prodotto del genere necessita prima di qualsiasi altra cosa di un'ambientazione in questo senso assai funzionale, che è invero uno dei pochissimi aspetti positivi del nuovo prodotto della ABC. E quale scenario migliore della foresta amazzonica, che già rese celebre più di 50 anni fa “Il Mostro della Laguna Nera” - in realtà l'omaggio è fin troppo evidente, tanto da sfiorare il plagio, dato che la nave dei nostri sembra posizionata esattamente dove era ancorata quella del classico anni '50 - con le numerose leggende che la avvolgono e che Peli (ho cambiato idea, nessuno gli cambi il nome, anzi ora lo voglio anch'io) sfrutta appieno.
La risposta emotiva è infatti inevitabile, soprattutto perché facile da ottenere. È ovvio che con riprese e luoghi simili schiantare sullo schermo un essere quanto meno minaccioso provoca reazioni nello spettatore, come anche far seguire in un bosco i personaggi dal fantasma di una bambina morta varie decadi prima. Al pari di ogni tecnica, tuttavia, quella scelta dall'ideatore della serie ha bisogno di essere valorizzata, di far parte di un impianto funzionante nel suo complesso, considerato il fatto che altrimenti oltre ai balzi per le apparizioni di turno non resta poi molto. Peccato che di quell'impianto nel doppio pilot di “The River” non ci sia neanche l'ombra. Se inizialmente infatti, riempendo la puntata, quei balzi mantengono ben sveglio chi guarda, di lì a poco, ossia già durante il secondo episodio, cominciano a stancare.


I personaggi, dal canto loro, sono stereotipati all'inverosimile. C'è il cinico, quello del posto che crede e conosce (alle)le varie leggende, l'immancabile infiltrato che sa perfettamente cosa sta succedendo e che rema contro, e ovviamente i famigliari alle prese con la ricerca di Emmet, il grande scomparso. Le dinamiche fra gli stessi invece, nel tentativo di non essere da meno, riescono ad apparire anche più scontate, quasi si stesse facendo il minimo indispensabile perché purtroppo non si può farne a meno; si pensi che è già volato il primo pugno tra il famigliare disperato che rifiuta la spettacolarizzazione della sofferenza e il cameraman che si preoccupa unicamente di riprendere sempre e comunque, specie nei momenti più drammatici.
In realtà è l'intera sceneggiatura ad essere notevolmente scarsa, tanto che in appena due episodi l'intreccio ha già regalato ben più di un momento discutibile: SPOILER il cameraman di cui sopra che dopo aver scoperto che c'è della magia lì intorno, dopo che il tutto si è fatto estremamente pericoloso e ben oltre la loro portata, dopo che il suo collega è stato trucidato, decide di mettersi a fare il deficiente provocando l'ennesima minaccia alla loro vita, sperando di catturare un qualche evento sovrannaturale; o il mostro che mentre cerca di uccidere tutti decide così, non si è ben capito perché e secondo quale logica, di aiutarli rispondendo alle richieste della moglie di Emmet /SPOILER. Tutti passaggi che sarebbe caritatevole definire improponibili. 


La regia non aiuta di certo. Non essendo, come si scriveva, utilizzata con criterio se non durante le parentesi volte a scatenare la paura dello spettatore, non ci mette molto a risultare fastidiosa, rischiando specie inizialmente di provocare violente convulsioni. Intendiamoci, qualche momento degno di nota la regia riesce a proporlo e il ritmo è incalzante, peccato però che la ridondanza lo sia anche di più.
Se il prodotto di Oren Peli (scherzavo; il nome sarebbe impietoso anche per una qualche astrusa specie animale amazzonica) continuerà su questa strada, come probabilmente farà, senza concentrarsi anche sul resto, risulterà al termine tendente al pessimo. E se non si è in grado di dare spessore, che almeno si cerchi di evitare parentesi esagerate e poco credibili come quelle descritte qualche riga più sopra, sì da delineare se non altro un prodotto capace di regalare piccole dosi a se stanti di tensione.


14 commenti:

  1. Oren Peli è sinonimo de lammerda, anche in televisione. Non è un regista, non è niente, è solo un tizio che ha avuto il culo di inventare un filmetto inutile che però ha avuto successo sulla scia della passione (immotivata) per i mockumentary.
    Oren Peli è già condannato dal nome che si ritrova. E' un incapace che se fosse per me starebbe bene a mendicare sotto la neve a febbraio.
    Ecco. Ed era inevitabile che questa sua creatura fosse così. Vedo anche io il pilot va', così lo massacro :D

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    1. Ahah, ed io ovviamente non vedo l'ora.

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    2. Madò. l' ho visto.
      Non riesco neanche a stroncarlo. E'il nulla. Nemmeno puoi dire che fa schifo, perché lo schifo è già qualcosa.

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    3. Eeeennò, adesso scrivi e mi fai pure ridere ;)

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    4. No, invece scrivo bene di Harper Island, tiè! :D
      no, davvero. Allora sai che faccio, lo guardo tutto. Tutto, cazzo! e ne scrivo alla fine.

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  2. a me paranormal activity aveva terrorizzato.
    questo però replica le sue idee all'interno di una serie e già da subito fallisce decisamente.
    gli accenti horror comunque sono l'unica cosa decente e che perlomeno ha reso guardabile il doppio pilot, ma i personaggini sono poca roba e per i prossimi episodi penso che andrà ancora peggio...

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    1. Si, credo anch'io che andrà sempre peggio. Ed è un peccato perché con ambientazioni simili si sarebbe secondo me potuto fare infinatamente di più.

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  3. Anche a me Paranormal Activity aveva tolto di brutto il sonno, ma questo The River sembrava noioso già da come lo presentava la ABC, con quel misto tra plot per famiglie e Lost. Sono d'accordo quando dici che una serie tv, soprattutto se parliamo di horror e dintorni, ha bisogno di una costruzione ben differente rispetto a un film, e quando accosto horror e serie tv mi torna sempre in mente quella cosa inguardabile di Harper's Island... :)

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    1. Uh, sei una brava persona, Simone. Harper's Island, finalmente un altro poveraccio come me che si è sorbito quella merdina. Infatti mi sa che farà parta del prossimo appuntamento con "Merda in pillole", mortacci suoi.

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    2. A me Harper's Island è piaciuto...
      E' un slasher. Deve avere quella struttura. Ci sono delle tappe obbligate da rispettare. E Katie Cassidy è bellissima.

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    3. A me ha dato fastidio più che altro la ricerca solita del colpo di scena cretino, dei dialoghi idioti e dei personaggi stereotipati. Che poi vabbè, fa parte della struttura del genere hai ragione, e però ciò non significa che ci si possa completamente poggiare sullo stereotipo.

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  4. non mi ispira per nulla, ma lo vedrò solo per massacrarlo di brutto a questo punto! ;)

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    1. Bravissimo, sappi che hai il mio appoggio in questo senso.

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