lunedì 14 novembre 2011

Recensione "Gantz"

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GANTZ (2010)




Regista: Shinsuke Sato

Attori: Kazunari Ninomiya, Ken'ichi Matsuyama,
            Kanata Hongô, Natsuna

Paese: Giappone



Quella di Hiroya Oku, autore del seinen manga “Gantz”, è tra le idee action/fantasy in assoluto meno sfruttate di sempre. Potenzialmente, se curata con la stessa attenzione in ogni suo aspetto, potrebbe essere alla base di prodotti, siano essi su tavole o su pellicola, particolarmente validi. Sembra, tuttavia, non si riesca a svilupparla in maniera più convincente, tanto che anche questa riduzione per il grande schermo risulta debole. Peraltro proprio là dove anche il manga zoppica.
Non è difficile da credere quanto appena scritto, se si considera le precedenti traduzioni in pellicola di fumetti giapponesi. "Gantz", infatti, segue esempi anche più evidenti di quanto poco funzionino queste riduzioni, almeno in Giappone: presentano gli stessi difetti, non a caso, anche “20th Century Boys”, tratto dall'omonimo (meraviglioso) manga e “Shinobi: Heart Under Blade”, tratto da “Basilisk”. Gli autori nipponici, è ormai chiaro, non riescono a staccarsi mai del tutto dai codici strutturali delle tavole. Nel dirigerne la riduzione non si mostrano affatto in grado di tenersi ancorati al linguaggio filmico, al punto di proporre sistematicamente una sorta di fusione lessicale in cui i due linguaggi si influenzano a vicenda. Peccato, però, che siano completamente diversi, tanto da generare stridii così forti che anche volendo chiudere un occhio, ci sarebbe comunque l'orecchio ad avvertirli.

Gantz”, si diceva, non fa eccezione. Per capire nello specifico dove non funziona la pellicola di Shinsuke Sato è utile introdurne brevemente la storia: Kei Kurono (Kazunari Ninomiya) e Masaru Kato (Ken'ichi Matsuyama), adolescenti, si ritrovano dopo anni in metropolitana. Qui un uomo ubriaco cade sui binari e Kato senza pensarci troppo corre in suo aiuto, aiuto che a sua volta chiede alle persone presenti per sollevare e salvare l'uomo. Tra l'indifferenza generale scorge la faccia di Kurono che si rifiuta come gli altri di aiutarlo. Così fino a quando Kato, dopo essere riuscito in qualche modo a mettere in salvo l'uomo, afferra la mano tesa da Kurono per risalire. La metropolitana è però troppo vicina, e Kurono invece di sollevare Kato cade a sua volta. Si risveglieranno in una stanza, insieme ad altre persone e verranno costretti a combattere, con armi assurde e tute capaci di potenziarli, in un gioco che potrebbe farli morire definitivamente.  


Benché con qualche dettaglio in più, che non si svelerà per ovvi motivi in questa sede, la storia si renderebbe ulteriormente interessante, già solo l'introduzione suggerisce scenari potenzialmente spettacolari per un film di questo genere. Un manga poi, non avendo quelle limitazioni non solo economiche insite in una produzione filmica, dovrebbe poter restituire un'opera ancor più valida. Ma non è così. Oku, nel disegnare il manga, non si preoccupa di approfondire quanto c'è intorno al gioco che identifica “Gantz”; quanto succede all'esterno, quindi introspezione dei personaggi, dinamiche tra gli stessi, evoluzione della storia e dialoghi sono di una debolezza sconcertante, compreso quell'elemento erotico a lungo andare assai fuori luogo. Nei primi capitoli in particolare sono quasi imbarazzanti e a sostenere il tutto sono da una parte gli scontri e dall'altra quel gusto splatter sensibilmente spiccato. Il film è in questo senso identico, riportando con forza in primo piano le riflessioni di cui si scriveva inizialmente. Sato, infatti, non riesce a staccarsi di un minimo dalle tavole e propone la stessa identica dicotomia tra parentesi action decisamente riuscite, splatter compreso, e parentesi esterne al gioco così deboli da poter essere messe al pari di una pausa caffè tra uno scontro e l'altro.
Diretta conseguenza è la mancanza di qualsivoglia spessore. I personaggi sembrano ripresi da un tema qualsiasi scritto in terza elementare e regia e fotografia sembrano dal conto loro non avere intenzione alcuna di provare a porre rimedio. Sembrano, anzi, seguire a ruota tanta superficialità incorniciandoli in maniera tale da farli apparire ancor meno credibili. Si guardi lo scambio tra Kato e Kishimoto per averne un'idea.


Le musiche non sono da meno. Accompagnano i momenti più drammatici o, per contro, più felici con scelte degne di una soap opera tedesca. Riescono a smorzare l'entusiasmo come poche scelte riescono a fare, subentrando anche in quelle parentesi virtuali che un certo coinvolgimento riescono a trasmetterlo. La realtà parallela in cui vengono teletrasportati i personaggi, infatti, viene ricreata in maniera assai valida. Le zone deserte della città si mostrano fin da subito suggestive, la fotografia assume toni ben più cupi, i mostri alieni sono senza dubbio credibili, così come gli effetti speciali e la componente splatter sembra non subire censure di sorta. Questa parte è notevolmente riuscita, più di quanto ci si aspetterebbe, tutto considerato.

Altro punto a favore, inoltre, è la recitazione. Non può dirsi, invero, convincente, tuttavia in pellicole tratte da manga di solito non solo è poco convincente ma addirittura improponibile. Ancora una volta, infatti, il dualismo tra i due linguaggi porta gli attori a proporre una recitazione palesemente finta, perché volta a riproporre sguardi, gesti e tempi tipici di un manga, per l'appunto. “20th Century Boys”, infatti, spesso porta lo spettatore a chiedersi come sia possibile aver visto un primo piano così prolungato e statico dedicato ad una sola espressione, quasi fosse stata riportata la tavola sullo schermo. Anche “Gantz” mostra questa debolezza ma è sensibilmente meno accentuata, non influenzando negativamente quella credibilità già compromessa dagli aspetti sopra citati.


Poteva risolversi, in definitiva, in un prodotto decisamente migliore. È la classica occasione sprecata, sì, ma "Gantz" in particolare merita una produzione, in senso lato, che sia in grado di valorizzare le potenzialità insite nella sua struttura narrativa. Peraltro nel caso in specie la parte più difficile è paradossalmente anche quella più riuscita. Sarebbe bastato davvero poco per rendere la pellicola più convincente e chi scrive una persona più felice.


10 commenti:

  1. Bellissima recensione. Il film lo recupererò, ma non adesso. Ma sbaglio, o di Gantz è stato fatto anche un anime?

    Andando off-topic, ho recensito "L'erede" sul blog che mi chiedesti cosa ne pensavo:D. Però non ho trovato il tuo articolo. Dov'è?

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  2. @cinefatti
    Grazie, Roberto. Comunque si, c'è, solo che io con gli anime non ho un buonissimo rapporto, se devo essere sincero, quindi non l'ho mai visto, limitandomi a manga e film.

    Quanto alla recensione de L'erede, che sottoscrivo parola per parola. In realtà ho già letto e commentato, non vedi commento? Effettivamente ho controllato e mi dice ancora "In attesa di moderazione".

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  3. E' un problema che ho riscontrato anche io, quello dell' incapacità, nelle riduzioni live action dei manga, di utilizzare un linguaggio che non sia modellato su quello del fumetto, ma che risulti autonomo.
    E la conclusione è che a questo punto, mi leggo il manga e buonanotte.
    Ma non è un problema che hanno solo i giappo, eh. Se prendi molte trasposizioni occidentali, anche lì l'unica idea degli autori sembra la "tavola in movimento"

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  4. @ilgiornodeglizombi

    Non so, non conosco molto i fumetti occidentali, a dire il vero. Però "Sin City" a me piacque parecchio. È vero, anche li le tavole erano evidenti, però c'era qualcos'altro che me l'ha fatto apprezzare alquanto.

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  5. Sì, Jessica Alba l'ho apprezzata moltissimo anche io :D
    No, vabbè, Sin City piacque molto anche a me, anche perché era un' idea originale, all' epoca. Poi è diventata stantia anche quella

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  6. Pareri identici i nostri. Tanto nullo è lo spessore psicologico che, come di rado, mi sono soffermato quasi esclusivamente sul lato estetico. Da quel punto di vista, non fa una piega.
    Aspettiamo gli altri film, a questo punto.

    ;)

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  7. @elgraeco
    Eh, ma io il secondo l'ho già visto e non è molto bello. In realtà i difetti del primo in parte vanno via - eccezion fatta per le musiche da soap opera in alcuni momenti - però non convince affatto comunque e a lungo andare annoia. Visivamente resta di livello, anzi, ma c'è qualcosa che non va in fase di sceneggiatura e di creazione di ritmo e atmosfera. Poi io ho visto la director's cut che dura quasi 3 ore. Non so se tagliuzzata è meglio.

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  8. io go visto solo il film e condivido in pieno la tua delusione
    .

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  9. Ciao Elio, sono della rivista elettronica Terre di Confine. Potrebbe interessarti uno scambio link tra le nostre rispettive risorse su Gantz?

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